sabato 27 ottobre 2012

Montepulciano d'Abruzzo - Valentini (Verticale 2001-1968)

Congresso Nazionale AIS, Hotel Rome Cavalieri – 1-2 Ottobre 2012


Purtroppo Francesco Paolo Valentini non è stato con noi a raccontarci dei vini di questa incredibile verticale, perché impegnato con le sue viti; in compenso erano più che presenti le bottiglie del padre Edoardo!  Uno spettacolo solo a vederle! Lì in fila sul tavolo, ognuna accompagnata dal suo profumato e antico sughero; belle e sporche, come appena uscite dalla cantina in cui così a lungo hanno soggiornato. I paggi sulle etichette giallastre tengono ben tesa con le mani la scritta “Montepulciano d’Abruzzo” e sembrano quasi invitare gli astanti a prendere posto per iniziare la degustazione condotta da Paolo Lauciani.

Valentini Montepulciano d’Abruzzo 2001
Dal colore rosso rubino carico, si presenta un po’ chiuso al naso, lasciando trasparire man mano aromi diversi ma “profondamente legati l’uno con l’altro”, quindi difficili da discernere, e su cui predomina la frutta rossa e il sottobosco. In bocca si esprime in modo più esuberante; è saporoso, con un’acidità vibrante, che maschera bene il titolo alcolometrico (14%), e una trama tannica presente ma levigata; il tutto dà una sensazione di un buon equilibrio.

Valentini Montepulciano d’Abruzzo 1997
Dall’aspetto integro e dal colore rosso rubino impenetrabile, al naso mostra una maggiore evoluzione e intensità rispetto al 2001, dispiegando un bouquet con cenni d’incenso, tabacco, olive nere, liquirizia, menta, eucalipto e fiori appassiti. In bocca la freschezza è ancora evidente, ma più arrotondata, così come la trama tannica; il vino è più morbido e avvolgente rispetto a quello dell’annata precedente, ma soprattutto più lungo con ritorni di tabacco, liquirizia e menta.

Valentini Montepulciano d’Abruzzo 1985
Dal colore rosso rubino carico con un’unghia granata che inizia a manifestarsi in modo più deciso e invadente, si esprime con un naso più intenso e interessante, con netti sentori di olive nere, cui fa seguito un corredo aromatico disegnato su note affumicate, sentori di cacao, tabacco, eucalipto e liquirizia. In bocca è davvero gustoso, equilibrato e impreziosito da un lungo finale con ritorni di tabacco, caffè e cacao.

Valentini Montepulciano d’Abruzzo 1970
Il colore di questo vino è granato, con una maggiore trasparenza rispetto a quello delle altre annate. Al naso si presenta balsamico ed elegante, caratterizzato da una spiccata aromaticità terziaria; i sentori sono di legno vecchio aromatico, liquore di liquirizia e ferro. In bocca è straordinario, l’acidità ancora vivida rende la bevibilità eccezionale; dal corpo un po’ più esile, ma perfettamente equilibrato nelle sue parti, incanta con un lungo finale balsamico e ritorni di liquirizia.
 
Valentini Montepulciano d’Abruzzo 1968
Dal colore più intenso rispetto al 1970, presenta al naso un profumo ammaliante, coinvolgente e intenso, che si manifesta dapprima con un netto sentore di ruggine, accompagnato poi da note di caffè, tabacco e legno vecchio aromatico. In bocca è integro, il tannino è più aggressivo rispetto al vino dell’annata precedente, ammorbidito anche da un’alcolicità minore, e ciò nel complesso dà un’idea di vino un po’ più rustico; mentre il finale è bellissimo con ritorni speziati.

mercoledì 24 ottobre 2012

Brunello di Montalcino Riserva Biondi Santi – Tenuta il Greppo (Verticale 1985-1955)

Congresso Nazionale AIS, Hotel Rome Cavalieri – 1-2 Ottobre 2012


Immaginate una verticale di 7 straordinarie annate della Riserva Tenuta il Greppo, tutte bottiglie introvabili e costosissime!
Capirete l’attesa per l’evento, la cui disponibilità era già esaurita dopo appena una settimana dall’annuncio e a distanza di ben quattro mesi dallo evento stesso!

Jacopo Biondi Santi, insieme a Paolo Lauciani e Armando Castagno, ci accompagna in questa irripetibile degustazione, un viaggio a ritroso nel tempo, partendo dal 1985 fino a giungere alla mitica annata 1955.

Brunello di Montalcino Riserva Tenuta il Greppo 1985
 “E’ stata grande vendemmia, non eccezionale, non stratosferica come ad esempio il 1983, il 1971 o il 1955” riferisce Jacopo Biondi Santi, “e quindi, quando c’è questo tipo di vendemmia, il vino affina prima, ha una vita meno lunga, però è più pronto durante la prima parte, cioè dai 10 ai 25-30 anni di età”. “Il 1985 in Toscana è stata una grossa eccezione, un’annata piuttosto calda, di vini molto ricchi in Italia, al centro e al nord; invece, nella Toscana centrale, i vini sono risultati molto duri, molto chiusi, ma che hanno bocche debordanti, potentissime dal punto di vista della sapidità” replica Armando Castagno, “la Riserva 1985 è un vino emblema di ciò che la Riserva Brunello di Montalcino di Biondi Santi dovrebbe essere sempre, cioè un vino fatto quasi esclusivamente di tattilità, non è un vino di profumi accattivanti, non è un vino di profumi sorridenti”.
L’incipit è, infatti, delicato; dal naso un po’ chiuso, ma che poi si apre con delicatezza evocando sentori di liquore di ciliegia, calcare, note speziate, terra battuta e sottobosco, molto elegante; risultando poi in bocca potentissimo e molto sapido, con persistenti note agrumate e minerali.

Brunello di Montalcino Riserva Tenuta il Greppo 1983            
“E’ stata una vendemmia eccezionale, con piogge fino alla fine di Giugno, qualche pioggia durante Luglio, secco quasi tutto il mese di Agosto, con qualche pioggia verso il 15-16 del mese, e poi secco fino alla vendemmia; questo è un andamento stagionale perfetto per le nostre microzone!” spiega Jacopo Biondi Santi.
“Troviamo un naso, che a paragone del 1985, dimostra un carattere molto più estroverso, molto più espressivo” dice Lauciani, “un bouquet di fiori straordinario”, è stato, infatti, facile riscontrare sentori di rosa e violetta un po’appassita, che insieme a un tocco balsamico e a lievi sentori speziati fanno da presagio ad una lunga vita per questo vino; in bocca è meno potente del 1985, ma più elegante, con un tannino più maturo, più levigato e soprattutto dotato di un’ottima bevibilità, sintomo di un grande equilibrio, “di un’energia, di un bilanciamento tra le parti, che rende” dice Lauciani “la bevibilità appagante, emozionante, ma al tempo stesso di estrema facilità”.

Brunello di Montalcino Riserva Tenuta il Greppo 1975
“E’ stata, dopo il ’71,  la miglior vendemmia degli anni ’70” esordisce Jacopo Biondi Santi, “l’andamento stagionale è stato perfetto”. “Dal colore ancora integro, nonostante i suoi 37 anni di età” dice Castagno, “al naso ha almeno due aspetti, tali da rimanere attoniti per la definizione, la scansione dei profumi, il primo è l’evocazione delle foglie di menta, in particolare del mentolo, rimanda al tabacco alla menta, di grande freschezza, poi il secondo è l’evocazione di una crostata di visciole; tutti sentori disegnati dall’acidità. Indubbiamente il naso ha una freschezza, una gioventù maggiore rispetto al contegno gustativo che ha già abbastanza ben declinati sentori terziari più puri, come quello della ghisa, della saldatura, del dattero, una nota un po’ più dolce, un tannino un po’ più sciolto, più polimerizzato.”  

Brunello di Montalcino Riserva Tenuta il Greppo 1971
“E’ stata come in parecchie zone d’Italia” spiega Jacopo Biondi Santi, “un’annata eccezionale”.
“In questo vino la prima impressione olfattiva”, dice Lauciani, “è quella di ferro e di asfalto bollente bagnati dalla pioggia e che si stanno di nuovo raffreddando, poi l’idea delle erbe aromatiche, officinali, e ancora la sensazione di rosa essiccata.” In bocca si mostra equilibrato, prima fresco, poi sapido, di una succosità che invoglia al riassaggio e con un finale di ritorni agrumati.

Brunello di Montalcino Riserva Tenuta il Greppo 1964
“La vendemmia è stata perfetta in tutti i suoi punti” spiega Jacopo Biondi Santi, aggiungendo che “il 1964, come il 1955, sono vini che vengono due, tre volte in cento anni”; continua poi dicendo che “il ’64 oggi è nel momento più bello della sua vita, ha una nota importante di goudron, ma ha anche l’inizio della pietra focaia, che rappresenta la terza età; è un vecchietto potente, importante, che porta bene la propria età”.
“Questo è un vino sul quale francamente cade un po’ la voglia di mettersi a raccontarlo con i canoni consueti” interviene Castagno, “scrissi su Bibenda che questo è uno dei più emozionanti rossi italiani del XX secolo, e lo penso ancor di più dopo questo ulteriore assaggio”.
Nel bicchiere si presenta sorprendentemente rubino nel colore; “è un vino esoterico” dice Castagno, “ed ha questa assurda integrità al naso che parla ancora di ciliegia fresca, rossa e di mille altre cose indescrivibili”; personalmente mi hanno colpito le note di legno vecchio aromatico, con ricordi di spezie orientali, di incenso, come di una firma sublima ed elegante della Biondi Santi, che ho riscontrato, seppur in diesis minore, anche in altre annate molto più giovani.
In bocca “la dinamica gustativa incarna il concetto stesso di autorevolezza di un vino” legge Castagno da un suo articolo, “ha un incedere solenne, un’acidità viva e perfettamente integrata, e il tessuto del vino ne trae una miracolosa scorrevolezza (…) la persistenza è talmente lunga e ricca di sapori da lasciare letteralmente ammaliati”.

Brunello di Montalcino Riserva Tenuta il Greppo 1958
“Il ’58 è una Riserva che somiglia abbastanza al 1985” dice Jacopo Biondi Santi, “non è una grandissima pietra miliare, ma è un vino che oggi ha l’espressione migliore di se stesso”.
Al naso si caratterizza per spiccati accenti di pietra focaia e nocciola, che svettano su sentori più pacati di caffè, cioccolatino al peperoncino e goudron.
“Nella sua morbidezza ed eleganza” continua Jacopo, “siamo proprio al limite della sua vita”.

Brunello di Montalcino Riserva Tenuta il Greppo 1955
Questo è stato l’unico vino italiano ad essere inserito da Wine Spectator in una cassetta ideale contenente i migliori 12 vini del XX secolo.
“Il problema da porsi sempre, nell’analisi di un vino molto spinto sulla terziarizzazione, è quanto la terziarizzazione riesca a sfigurare il vino e quanto, invece, resista al decadimento ossidativo delle sue componenti aromatiche” spiega Armando Castagno, che dopo l’assaggio aggiunge “questo è un vino (il ’55 Riserva) dalla tempra guerriera nei confronti dell’ossigeno, reagisce non ossidando, ma facendosi plasmare dall’ossigeno”.
L’enorme complessità aromatica ne rende difficile la descrizione; i sentori spaziano da note carnose a note di tabacco, da sentori di caffè a sentori di goudron, seguono sottobosco, confettura di prugna, erbe aromatiche e accenni floreali; in bocca è perfettamente equilibrato e con un finale da “applauso”.


Finita la degustazione, esco dalla sala. Gli ultimi sprazzi di un sole pomeridiano definiscono i contorni di sempreverdi, che dall’alto della terrazza di Monte Mario vedo stagliarsi su di un cielo ancora azzurro. Piante che non subiscono le ingiurie dell’autunno incalzante, ma che fresche e rigogliose si distinguono dalle altre, così come ai miei occhi paiono quei vini che, spinti da un’alchemica energia, sento ora affinarsi nella mia mente, facendo evolvere il mio pensiero.


domenica 14 ottobre 2012

Visita al Museo del Vino

Palazzo Graziani-Baglioni, Torgiano (PG) – 6 Ottobre 2012


Capita spesso di ritrovare nei musei qualche reperto inerente al mondo del vino, più raro è invece trovare un museo dedicato esclusivamente al nettare di Bacco; quindi, quando in un fine settimana trascorso in Umbria ho appreso l’esistenza di un museo a Torgiano, mi ci sono precipitato!
Il museo, realizzato dalla famiglia Lungarotti, ha sede in un antico palazzo del centro storico del paese. L’ingresso, costato 7 euro, è comprensivo anche di una visita al vicino “Museo dell’Olivo e dell’Olio” e di una piccola degustazione nell’osteria accanto; non manca inoltre il sussidio di un audio-guida gratuita e la descrizione dei singoli reperti che s’incontrano lungo il percorso di visita. Questi ultimi sono i più svariati, si va da quelli etruschi ai famosi enodotti dell’antichità, da arnesi arcaici per la viticoltura a raffinati calici seicenteschi che ornavano le tavole gentilizie; non mancano poi opere d’arte che celebrano il mito del vino, tra queste spicca un piatto di Mastro Giorgio, maestro ceramista del cinquecento eugubino. Antichi torchi per la pigiatura delle uve sono ospitati nel seminterrato del palazzo, dove domina un enorme “torchio catoniano”, così chiamato in quanto modelli simili furono descritti dal latino Catone.
Se siete degli enofili e vi trovate a passare nei dintorni, merita sicuramente una visita!

Per ulteriori informazioni rimando al Sito Web della Fondazione Lungarotti: http://www.lungarotti.it/fondazione/index.php

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