venerdì 31 marzo 2017

Il report dell'evento "Wine Fitness: Il Primitivo in Puglia"


La sera del giovedì 30 marzo, presso il ristorante pizzeria "La Frasca" a Pozzuoli, si è svolto un altro incontro targato Wine Fitness... un programma di eventi che, organizzati dall'Associazione Culturale "Enodegustatori Campani", sono volti all'approfondimento di zone vitivinicole attraverso l'assaggio guidato di più bottiglie delle principali aziende del territorio.



Il focus è stato fatto questa volta sui vini prodotti in Puglia a partire da uve Primitivo; quest'ultimo è un vitigno a bacca rossa di origini incerte, il cui nome deriva dalla precocità di maturazione dell’uva, che avviene mediamente tra la fine di agosto e i primi di settembre.
Presente in Puglia da tempo immemore (alcuni ritengono che la sua introduzione risalga al periodo della colonizzazione fenicia), questo vitigno è alla base delle DOC Primitivo di Manduria e Gioia del Colle; si osservano, però, alcune differenze fenotipiche tra i biotipi coltivati nei territori di queste due denominazioni, il che in parte spiega le differenze riscontrabili tra i vini prodotti nelle due zone. In genere a Gioia del Colle troviamo vini più slanciati rispetto a quelli di Manduria, grazie anche alle elevate altitudini, che in alcuni casi arrivano a toccare i 500-600 metri e che garantiscono ampie escursioni termiche (conferendo così all'uve, e quindi anche ai vini, elevata acidità e ricchezza di sostanza aromatiche); mentre a Manduria troviamo, in genere, vini dai colori molto scuri e dagli intensi sentori di frutti di bosco, morbidi e ricchi di alcol.

Primo vino in assaggio è stato il Primitivo Puglia IGP 2015 "Moi" di Varvaglione. Fondata nel 1921, quest'azienda, condotta oggi da Cosimo e Maria Teresa Varvaglione, ha sede a Leporano (in provincia di Taranto) e conta ben 155 ettari vitati, da cui ottiene circa un milione e mezzo di bottiglie l'anno.
Ottenuto da viti coltivate a ridosso del Mar Ionio, questo vino è risultato piuttosto ridotto al naso in prima battuta, aprendosi poi man mano con sentori di amarena e fiori rossi; maggiori consensi ha ricevuto in fase gustativa, concedendo una beva piacevole ed equilibrata.  

Il secondo vino degustato è stato il Salento Primitivo IGP 2011 di L'Archetipo. Quest'azienda, passata nel corso degli anni dalla pratica dell'agricoltura biologica a quella della biodinamica, adotta oggi in vigna, seguendo il pensiero di Masanobu Fukuoka, i principi dell'agricoltura sinergica... ossia, di un'agricoltura del tutto sostenibile, in cui le sinergie tra tutti gli anelli dell'ecosistema sono innescate: al bando la chimica e l'aratura! La filosofia è quella di tornare agli archetipi, ossia alla naturale forma di un qualcosa. I 20 ettari vitati di proprietà dell'azienda sono adagiati ad oltre 300 metri sul livello del mare, ai piedi della murgia barese, su terreni originatesi dall'accumulo di terra rossa residuante dai processi di carsificazione e di erosione dei dossi calcarei (conosciuti con il nome di murgia).
Ottenuto da viti con un'età media di circa 15 anni, coltivate a controspalliera libera, questo vino mi ha colpito al naso per i suoi tratti mediterranei, risultando avvolgente con i suoi sentori di more, cespuglio, arbusti, erbe essiccate e ciliegia selvatica; non mi ha deluso poi al gusto, denotando snellezza ed agile beva. Le uve da cui si ottiene vengono raccolte nella prima settimana di settembre; la vinificazione avviene con l'utilizzo di lieviti autoctoni ed il vino viene lasciato poi maturare in grandi botti di legno di rovere per 12 mesi. Non si effettua alcuna chiarifica o filtrazione. Produzione media annua: 37'000 bottiglie.

Siamo passati poi all'assaggio del Salento Primitivo IGP 2012 "Taras" delle Tenute Al Bano Carrisi. L'azienda è di proprietà del noto cantante, che non dimentica le sue origini, mantenendo vivi dentro di sé l'amore ed il rispetto per la terra... valori trasmessi dalla sua famiglia contadina, che da generazione abita e lavora quelle assolate campagne pugliesi abbracciate dalla macchia mediterranea, dove si produce vino sin dal '700.
Prodotto in circa 35'000 bottiglie l'anno questo vino, ottenuto da viti coltivate ad alberello e maturato in barrique di rovere francese per quasi un anno, deriva il nome dall'eroe mitologico ritratto sull'antica moneta argentea di Taranto... raffigurato a cavallo di un delfino e con un tridente alla mano sinistra,  secondo la leggenda Taras, figlio di Poseidone e della ninfa Satyra, fu tra i primi a colonizzare la Magna Grecia. Dopo un inizio entusiasmante al naso, dove ha esordito con sentori di prugna e ciliegia, note di tabacco dolce e terra umida, il vino ha poi virato man mano su toni meno eleganti di frutta dolce; di discreta struttura e freschezza al gusto. Il giudizio di questo vino è stato forse un po' penalizzato dall'assaggio del vino successivo.

E' stata, infatti, poi la volta del monumentale Gioia del Colle DOC 2008 "17" di Polvanera. Quest'azienda deriva il nome dal fatto che, adiacente alla cantina, si trova una masseria risalente al 1820, la cui struttura era utilizzata in passato per la produzione di carbone: da qui, il soprannome "Polvagnor" (che, in dialetto pugliese, sta per "Polverenera"), dato dai compaesani alla famiglia che la portava avanti e che ha poi ispirato Filippo Cassano, proprietario ed enologo dell'azienda. Con ben 100 ettari vitati ed una produzione annua di circa 280'000 bottiglie, l'azienda è certificata per la pratica di agricoltura biologica e dispone di una suggestiva cantina che, scavata per 8 metri nella roccia calcarea, consente ai vini di affinare ad una temperatura costante.
Frutto di viti con un'età media di circa 70 anni e coltivate ad alberello fino a 450 metri sul livello del mare, le uve da cui questo vino si ottiene sono raccolte nella prima/seconda settimana di settembre. La produzione media annua è di circa 16'000 bottiglie; il periodo di macerazione dura 4 settimane ed il vino matura per 24 mesi in solo acciaio. Si esprime con grande eleganza e complessità al naso: sentori di frutti di bosco, arbusti, grafite ed olive nere svettano su un sottofondo balsamico; di grande struttura e persistenza appare al gusto, saporito, ricco di sostanza, di estratti... quasi masticabile! Ma, nel contempo, è di una bevibilità estrema! Un vero capolavoro!

Infine, abbiamo degustato il Primitivo di Manduria DOC 2013 "ES" di Gianfranco Fino. Nata nel 2004, l'azienda di Gianfranco Fino è passata da poco più di un ettaro a oltre 15 ettari di vigneto, in cui tutte le viti sono coltivate ad alberello secondo i principi dell'agricoltura biologica. Anche se giovane, quest'azienda ha già ottenuto riconoscimenti importanti, acquisendo in pochi anni visibilità a livello internazionale.
Questo vino nasce da uve raccolte dopo un lieve appassimento (fine agosto); le viti da cui queste si ottengono hanno un'età media di circa 60 anni e sono coltivate a circa 100 metri sul livello del mare. Dopo una macerazione che va da due a tre settimane, il vino (prodotto in circa 15'000 bottiglie l'anno) matura poi per 9 mesi in barrique (per il 50% nuove e per il 50% di secondo passaggio). il vino appare ritroso al naso, piuttosto contratto; al gusto è piacevole, di grande struttura e persistenza... ha la stoffa del campione! Un infanticidio!


Grazie e alla prossima!






lunedì 27 marzo 2017

Il Primitivo riassunto in 7 punti


Foto presa dal web.


1. Vitigno a bacca rossa di origini incerte, il Primitivo deve il suo nome alla precocità di maturazione dell’uva, che avviene mediamente tra la fine di agosto e i primi di settembre.

2. Alcuni ritengono che la sua introduzione in Puglia risalga al periodo della colonizzazione fenicia (oltre duemila anni fa), altri sostengono che sia stato introdotto nella zona di Gioia del Colle da frati benedettini venuti dalla Borgogna nel XVII secolo.

3. Lunghi e complessi studi compiuti dall’Università di Davis (California) e dall’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano Veneto hanno dimostrato l’identità tra Primitivo e Zinfandel, vitigno coltivato in California fin dal XIX secolo, che in quanto appartenente alla “Vitis Vinifera” è certamente di origine europea.

4. Stretti legami di parentela sono stati, inoltre, individuati tra il Primitivo e due varietà coltivate sulle coste della Dalmazia, il Plavina e il Plavac Mali; inoltre, risulta che il profilo del Primitivo coincida con quello di un altro raro vitigno dalmata, il Crljenak Kastelianski.

5. Il Primitivo è tra i primi dieci vitigni più coltivati in Italia; è molto diffuso in Puglia dove lo troviamo nella zona di Gioia del Colle e di Manduria, nonché in Campania nei pressi del Massico.

6. I suoi acini presentano una buccia molto pruinosa, di medio spessore e di colore blu scuro; sono però state riscontrate alcune differenze fenotipiche tra il biotipo coltivato nei pressi di Gioia del Colle e quello coltivato nella zona di Manduria, il che in parte spiega le differenze riscontrabili tra i vini prodotti nelle due zone.

7. Da questo vitigno si ottiene in genere un vino di colore rosso rubino carico e con riflessi violacei, dai profumi intensi, fruttati (frutti di bosco, ciliegie sotto spirito) ed elegantemente speziati, che chiudono con sentori di tabacco dolce; al gusto denota una buona struttura, ricca di alcol e di estratto, con acidità contenuta, discreta tannicità e buona morbidezza, così come adeguata è la persistenza gusto-olfattiva.


Se hai trovato questo post interessante... dà un'occhiata al mio ebook "Nozioni su vini, vitigni e zone vitivinicole d'Italia".







sabato 11 marzo 2017

Attribuire un punteggio al vino




Perché dare un punteggio al vino degustato?

Probabilmente perché è la forma di trasmissione più rapida della nostra valutazione complessiva.

Se un ragazzo a scuola prende un "8" in storia, immaginiamo che ha studiato bene la lezione, se invece ha un "5", supponiamo che dovrà studiare meglio.

Quello che noi facciamo attribuendo un punteggio al vino è, sostanzialmente, una trasposizione della nostra percezione logaritmica delle cose... un concetto radicato nella nostra mente che utilizziamo non tanto nel valutare le cose in assoluto ma nel confrontarle.
Consideriamo la valutazione in centesimi: se, ad esempio, ad un vino attribuisco 50 punti e ad un altro 59 punti cambia poco: entrambi i vini nell'immaginario collettivo saranno considerati come "mediocri"; se, invece, ad un vino attribuisco 84 punti e ad un altro 93 punti: ebbene, la differenza si fa sentire di più... eppure tra le due valutazioni c'è sempre la stessa differenza di 9 punti.
Se ad un vino attribuisco 98 punti e ad un altro 100 punti... la differenza sarà solo di due punti, il cui peso, però, acquista ai nostri occhi un valore enorme!

Nella descrizione di un vino, la tendenza attuale è, vivaddio!, lasciarsi trasportare dalla poesia, raccontare la storia e la filosofia produttiva che sta dietro un'etichetta, e a mettere da parte la valutazione a punteggio (anzi no! talvolta capita che mi guardo bene dal farla! Come se l'atto di attribuire un punteggio ad un vino andasse a sminuirne il valore e con esso il lavoro del produttore).
Eppure, penso che anche i più strenui avversari della "valutazione a punti", quando degustano un vino ne danno nella loro mente, inconsapevolmente, un punteggio... lo classificano, lo rapportano ad un altro vino, lo confrontano. Ne sono convinto perché ogni persona ha i propri gusti, le proprie preferenze... Ed è giusto che sia così! La degustazione è un atto umano!

Nell'approcciarsi ad un vino fanno la loro parte anche i nostri gusti personali, il nostro carico di esperienze e, non da ultimo, lo stato d'animo che in quel momento accompagna la bevuta.

Non si creda, però, che voglia invitare a non essere per niente oggettivi! Voglio solo dire di non bandire del tutto la componente emozionale (ossia, ciò che il vino ci trasmette) nella valutazione a punti.

Fatto questa premessa, passiamo ora a vedere la scheda di valutazione a punti che ho elaborato per l'Associazione Culturale "Enodegustatori Campani" e per la quale mi sono servito della scheda a punti AIS come canovaccio, in quanto presso tale associazione mi sono diplomato sommelier.



Ma andiamo nei dettagli...

Per l'esame visivo l'unico parametro che ho considerato è la "vivacità", in quanto questa ci permette di valutare lo stato di salute del vino (nella scheda AIS la vivacità è valutata nella voce "colore"), mentre non ho ritenuto opportuno dare un punteggio alla consistenza e alla limpidezza, legate sostanzialmente alla tipologia del vino (nella scheda AIS questi due parametri sono valutati, con un coefficiente correttivo minore rispetto al parametro precedente, nella voce "aspetto").

Nell'esame olfattivo ho considerato, parimenti alla scheda AIS, l' "intensità" e la "complessità" del profumo del vino, sostituendo poi al parametro "qualità" (che in AIS ingloba intensità, complessità, eleganza, tipicità e franchezza) quello di "finezza", intendendo con quest'ultimo dare una stima soprattutto dell'eleganza.

Nell'esame gusto-olfattivo ho considerato di minor peso i parametri "struttura" e "scorrevolezza" (ossia, facilità di beva), mentre di maggior peso "persistenza" e "finezza", rimanendo per tali voci un significato analogo a quanto esposto nei precetti AIS. Non ho considerato, invece, da valutare i parametri "intensità" ed "equilibrio"... in particolare, quest'ultimo andava, secondo me, ad influire negativamente sulla valutazione di vini stappati un po' troppo presto o un po' troppo tardi, nonché di alcuni vini che fanno del loro "disequilibrio" la caratteristica peculiare (si pensi ad un Asprinio di Aversa!).

Nelle valutazioni conclusive ho poi voluto far giocare un ruolo a parte alla "tipicità", con la quale si fa riferimento soprattutto alla corrispondenza del vino degustato con i vitigni da cui è ottenuto, il territorio di provenienza, le tecniche colturali e produttive utilizzate; tale parametro non era assente nella scheda AIS ma, sostanzialmente, inglobato nella voce "qualità" dell'esame olfattivo e gusto-olfattivo. Ritengo tale parametro il più difficile da valutare, o meglio il più difficile da ben valutare... perché la sua valutazione risente molto dell'esperienza del degustatore. Tutti possono e sono liberi di valutarlo, così come tutti possono giocare a scacchi, perche è facile! E' saper giocare bene che è difficile!

Infine, all' "armonia" ho preferito il parametro "impressioni generali", riferito all'impressione complessiva riguardo al vino degustato, con particolare riguardo alla sua piacevolezza. Nel valutare il vino secondo quest'ultimo parametro le domande da porsi sono: Mi è piaciuto questo vino? Lo ricomprerei? Lo consiglierei ad un amico?

Quindi, ho voluto inserire un po' di soggettività nella valutazione a punti? Sì! Perché capita spesso di fidarmi più del consiglio di un amico che di un "anonimo" punteggio dato da una guida. Questo perché conoscere una persona significa anche conoscere la sua esperienza e i suoi gusti che, magari, sappiamo in linea con i nostri... di conseguenza, il suo giudizio ha su di noi un'influenza maggiore. 

Per tale motivo ritengo poco utili gli "anonimi" punteggi dati da voluminose guide... se, invece, conosco i gusti e l'esperienza di chi ha valutato quel vino (o perché lo conosco personalmente, o perché ho letto altre sue recensioni potendomi così farmi un'idea delle sue preferenze), il punteggio dato avrà ai miei occhi un significato completamente differente.









Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...